Voci
Il mio viaggio dura tre anni. Parto dall’Etiopia nel 2005 e attraverso il Sahara. C’è la guerra tra l’Etiopia e l’Eritrea, dal 1998, per questioni di confine.
Mio marito, Ahmed, mio marito, è un maestro di scuola. I militari sparano alla cieca per strada, lui cade, io accorro.
Sirene ambulanze e grida.
Lo vedo.
Lui cade.
Noi non piangiamo.
Piangere è un atto di disubbidienza. Noi non piangiamo.
Solo di nascosto noi piangiamo.
dai racconti di Suni e Zulfa
Mariella Sto Roberta Sperduti Nina Failla
Ho incontrato Suni e Zulfa nell’ambito della preparazione di un
festival sulla narrazione. Loro avevano accettato di raccontarmi le loro storie, il loro
viaggio, il loro distacco dai genitori. Una Eritrea, l’altra Etiope, entrambe Abbas. Dalle due storie ho tratto un unico racconto perché le tappe, i
ricatti, le paure, i tradimenti, le violenze e le illusioni sono il
corpo delle parole di entrambe. Oggi, per la Giornata Mondiale del Rifugiato, mi va di raccontare
queste due donne. Due donne che ce l’hanno fatta, che si sono costruite casa famiglia
lavoro e diritti. Due donne come tante altre donne. Nella performance che accompagna il racconto, la carne e le ossa
sono elementi predominanti. Il corpo è un ingombro, è un peso e porta un peso. Il corpo non è invisibile, è vulnerabile e appeso a bisogni di ogni
ordine. Al bisogno di un riparo come a quello della libertà.
Il corpo, vittima di chi voglia colpire altrove.